Un ricordo di Busoni…

Vercelli3

Eduardo Vercelli Maffei con Carlo Zecchi

 

Ecco il ricordo di Antonioli di Carlo Zecchi che diresse il concerto nel 1961, ripreso anche dalla Rai in S. Agostino, a Empoli.

 

UN RICORDO DI BUSONI

Riporto un ricordo dell’amico Eugenio, nome italiano di Jean-Francois Antonioli, pianista e direttore d’orchestra di Losanna in visita al Centro Busoni di Empoli.

Un giorno Carlo Zecchi (Roma 1903-Salisburgo 1984), di cui Eugenio era assistente per une breve periodo nei corsi tenuti a Losanna nel 1980, raccontò che nel 1923 si volle recare a Berlino con una lettera di introduzione del professore Bajardi di Bologna per presentarsi a Busoni e chiedergli di poter prender lezioni da lui. Ferruccio gli disse che ciò era impossibile perché lui ormai si dedicava interamente alla composizione del Faust e non dava più lezioni di pianoforte ma solo di composizione; avrebbe potuto invece essere affidato al suo assistente e discepolo Egon Petri. Ma Zecchi si buttò ai suoi ginocchi e prese a stringere quelle sue portentose mani baciandole, supplicando: “Io son venuto per avere i suoi insegnamenti: ho affrontato venti ore di treno, voglio essere preparato solo da lei e da nessun altro! Sono italiano come Lei, farò tutto quello che mi verrà chiesto…”.

Busoni, fermo ma anche commosso per tale slancio, gli disse allora: “Ah si? Bene, si ripresenti da me fra tre giorni con le variazioni Goldberg di Bach”.

Zecchi si recò subito a comprare questo spartito che non conosceva e che a quel tempo non godeva ancora la fama che oggi ha, anche dopo le esecuzioni di Glenn Gould. Per tre giorni non fece altro che studiarle e suonarle giorno e notte, temendo di non essere capace di affrontare il capolavoro per intero.

Si presentò dunque trepidante il lunedì da Busoni, il quale per tre ore lo intrattenne sull’interpretazione solo del tema e delle prime due variazioni… Fu una lezione esaltante. Anche con sole tre ore di insegnamento di quel genio si rimaneva segnati per tutta la vita.

Chiese dunque a Busoni di poter rimanere presso di lui e che lo mettesse pure a fare qualsiasi cosa, pur di essergli utile; e così fu.

Zecchi ricordava quell’impresa forsennata di studio e se avesse immaginato che la prova che l’attendeva avrebbe riguardato solo i primi passaggi, si sarebbe potuto certo preparare meglio su quella sola parte. Ma ciò bastò a dare un nuovo indirizzo alla sua vita e alla sua interpretazione pianistica.

Poi Zecchi studiò la Kreisleriana di Schumann e, troppo spontaneo, chiese spudoratamente a Busoni di mettersi al pianoforte per fargli sentire come la concepiva; gli disse che siccome aveva un treno da prendere fra poche ore, avrebbero fatto prima invece di fermare la sua esecuzione per suggerimenti o per correggere, mutatis mutandis. Busoni da gran signore quale era sedette senza un commento, senza rimproverare il giovane che aveva osato formulare tale richiesta, si mise a suonare …Zecchi dice che ebbe l’impressione che l’opera 16 di Schumann fosse parte del repertorio del maestro; che forse non era fondata la voce secondo la quale Busoni fosse poco convinto all’opera di Schumann.

Busoni intervenne con premura presso un negozio di pianoforti a favore di Zecchi, chiedendo di lasciarlo studiare durante le ore di chiusura del locale. Quando Busoni lasciava Berlino per recarsi a Parigi, consentiva l’accesso ai suoi pianoforti da concerto Bechstein affinché questi allievi si potesse esercitare a lungo in tutta tranquillità. Metteva una condizione sine qua non: che studiasse solo Mozart. Gli disse: “Non essere stupido -quanto sono stato io- di dedicarti a Mozart troppo tardi”.

Zecchi promise di studiare questo repertorio allora piuttosto trascurato da lui fino a quel momento; ma non resistette alla tentazione di provare anche gli studi Paganini Liszt che erano allora al centro delle sue preoccupazioni. Quando Busoni fu di ritorno, fece un interrogatorio al giovane Zecchi.

Zecchi descriveva ad Antonioli la sala della musica del Maestro con i due gran coda con tale vivezza da renderla quasi tangibile al giovane ascoltatore, come fosse una esperienza anche da lui vissuta.

E quel racconto e quell’amore transitò in Eugenio, trasformando anche lui da allora in un appassionato busoniano.

Silvano Salvadori, (testimonianza raccolta il 5-5-16)


 

 

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