Dalla presentazione della mostra alla Galleria L’Indiano, Firenze 1970
Ingres da un lato, Pascin dall’altro sono, a mio avviso, i termini di confronto a « monte », dal mondo pittorico di Antonio Bueno: una fedeltà malgré lui, alla forma, come unica espressione « libera » dell’artista, come unica salvezza e possibilità di autonomia dell’arte, in quanto, ancora, creatrice di forme; e la cosciente, internazionale — talvolta persino un po’ masochista — volontà di distruzione, di défiguration della forma stessa in un disfacimento che, in Pascin, è il risultato diretto del completo sfacelo di una società sulla quale incombe la tragedia di una guerra. Né possiamo dire, ancora, che cosa ci sia riservato nella contrazione violenta della nostra condizione attuale, in un mondo in cui la scienza, nonché l’arte, divengono quasi sempre, senza possibilità di scampo, strumenti del sistema distruttivo della società. Ingres resta, per Bueno, un punto di riferimento come simbolo della volontà di resistenza di un mondo amato come un’ultima età dell’oro.