Lara Vinca Masini: Mies van der Rohe a Firenze


Analizza infatti i lavori per il Weissenhof di Stoccarda (1925-’27), il notissimo Padiglione tedesco all’Esposizione internazionale di Barcellona (’28-’29), Villa Tugendhat, a Brno (’28’29), che rappresentano la sintesi di un percorso formativo di estrema coerenza. Una sezione della mostra è dedicata al design di oggetti di arredo realizzati da Mies dal ’27 al ’31, che l’architetto presentava nel contesto della sua architettura, fino alla notissima poltrona Barcellona, realizzata per il Padiglione dell’Esposizione, ad evidenziare la stretta interdipendenza tra architettura e design nel suo lavoro.

Accanto a questi alcuni arredi di altri progettisti (Breuer, Reich, Stam…), realizzati sempre in struttura metallica, di cui, comunque, alcuni facevano parte di quelli collocati da Mies nella sua architettura. Prototipi, modelli di architettura, progetti, disegni, grandi fotografie e manifesti, completano questo panorama.

A differenza degli altri Maestri dell’architettura moderna (Wright, Le Corbusier…) Mies van der Rohe può esser considerato un “classico”, perché nel suo passare dalla tipologia alla costruzione, e da qui alla forma, passaggi alla cui definizione egli perviene attraverso i principi di “ordine”, “proporzione”, “decoro” (“decoro” che non è da confondere con I’ornamento” esecrato da Loos, ma si rifà aI significato latino di “decus” = onore, dignità, decoro, da cui “decoroso”), egli raggiunge quello che intende per “moderno”.

Egli non passa attraverso la rivoluzione delle avanguardie, ma attraverso la rilettura della storia dell’architettura nella sua possibilità di rapportarsi al suo momento, rinnovandosi, per così dire, dall’interno. Anche se i suoi riferimenti contemporanei sono Berlage e Behrens (ma lo sarà, per molti versi, il concetto di pianta aperta di Wright), è alla Grecia che egli guarda, e all’architettura gotica. Sono le basi attraverso le quali egli arriva a quello che, appunto, definisce “moderno”. “Una architettura” scrive “stabilisce la forma di una vita reale”.

Parte dall’analisi della città: “Le città sono strumenti della vita; devono essere al servizio della vita, sono da misurare sulla vita e da progettare in funzione della vita”. Vede la città nel suo rapporto con la natura, e la casa nel suo rapporto col suolo e col luogo. “Perché la natura dice sempre il vero, le forme architettoniche dicono la verità di un certo tempo”.

Di qui la sua attenzione primaria verso la tecnologia, espressione del suo tempo. “Sentivo che avrebbe potuto esser possibile armonizzare, nella nostra civiltà, forze vecchie e nuove”.
E ancora: “La vera architettura è sempre oggettiva, ed è espressione dell’intima struttura dell’epoca nel cui contesto di sviluppa”.
Ma aggiunge: “Là dove il problema tecnico è superato inizia l’ architettura”.

I Weissenhof Siedlung Apartments rappresentano la prima proposta urbanistica per un gruppo di alloggi nella periferia di Stoccarda, che furono realizzati da architetti come Scharoun, Le Corbusier, Behrens, chiamati da Mies, che realizzò il blocco principale, sviluppato su quattro piani, con ventiquattro alloggi.

E la prima costruzione con struttura in acciaio, a mezzo della quale egli raggiunge una distribuzione flessibile e libera degli spazi, delimitati da pareti divisorie fisse o mobili in materiali leggeri (tema che gia aveva sviluppato nei progetti della Casa di campagna in cemento e della Casa in mattoni, presso Potsdam (’22-’23).
Nel progetto di Stoccarda, ad eccezione delle pareti della cucina e dei bagni, tutte le altre partiture verticali sono mobili e non portanti, aumentando la libertà degli spazi interni.

Nel 1928 Mies van der Rohe fu nominato direttore artistico della progettazione di tutte le delegazioni tedesche per l’Esposizione Internazionale di Barcellona. II progetto doveva, nelle intenzioni del Reich, recuperare il prestigio che la Germania aveva perso nella Prima Guerra mondiale e servire come cornice per le attività diplomatiche tese a promuovere il commercio e le relazioni internazionali.

Tra l’altro, la Barcellona era destinata ad accogliere i reali spagnoli (che non la usarono…). Eretto su un basamento rettangolare lungo 56,5 metri, delimitato da muri consistenti in una armatura metallica con un rivestimento in marmo, indipendenti dal sistema strutturale dei pilastri, il Padiglione consiste in un grande spazio libero. La copertura, una lastra leggera, poggia su otto pilastri cruciformi, sottilissimi, di acciaio.

Le divisioni interne: lastre di marmo dal colore verde dorato, travertino, onice dorato e lastre di vetro.
Stagni poco profondi occupano parte della superficie, rendendo ancora più leggero e come indefinito lo spazio, immerso nella natura circostante, illuminato dalla varietà dei riflessi delle chiusure in vetro e del marmo dorato.
Questo padiglione, distrutto dopo l’esposizione, è stato ricostruito da Ignasi de Solà Morales alla fine degli anni Ottanta.

Nell’organizzazione dei volumi, nella proporzione delle strutture, nell’estrema semplicità ed eleganza dei particolari, nel rapporto esatto dei materiali, rappresenta, per Mies, una sorta di manifesto della sua concezione dell’abitare, che troverà piena definizione nella Tugendhat House, il terzo progetto presente in questa mostra.

II terreno in pendenza, nella località morava di Brno, ha permesso di ridurre l’altezza della costruzione, il cui ingresso, ad un solo piano, nella parte più alta del terreno, immette nella zona delle camere dei bambini, ospita le stanze di servizio, il garage e una grande terrazza verso la città. Al piano inferiore la cucina, il pranzo, delimitato da una parete semicircolare in ebano, il soggiorno, spartito da una parete di onice bianco e dorato. Le pareti, come nel padiglione di Barcellona, sono completamente libere, essendo la struttura formata da un sistema di sottilissimi pilastri cruciformi in acciaio inossidabile all’interno, zincati all’esterno. La trasparenza delle vetrate (quella che da sul giardino può scorrere e sparire nel pavimento), i riflessi delle pareti (onice e vetro), mettono la casa continuamente in relazione diretta con la natura.

Negli Stati Uniti, Mies porterà ancora avanti questa sua impostazione progettuale con la Casa in vetro e metallo di Edith Farnsworth, a Fox River, nell’Illinois, del ’51: sul prato tre piattaforme, una per il pavimento, a sua volta raccordata a terra da lastre-gradino più piccole, una per la copertura, sorrette da sottili pilastri, che appare come librata nel vuoto. Coi grandi lavori che seguiranno, dai Lake Shore Orive Apartments, a Chicago (’48-’49, il primo grattacielo a struttura metallica americano), al notissimo Seagram Building a New York (’58-’59), il suo metodo costruttivo dovrà, in parte, adeguarsi alle leggi delle città americane, senza, peraltro, rinunciare ai suoi principi di “ordine”, “proporzione”, “decoro”.
Mies è stato imitato fino all’accademia, solo perché le sue forme si prestavano alla prefabbricazione, ma raramente capito nella sua forza di rinnovamento del linguaggio dell’architettura e del design.

Scritto in collaborazione con Pino Brugellis e Claudio Nardi

Prima pubblicazione: 3 ottobre 2003

Firenze dagli anni Trenta al Dopoguerra

Firenze, 10 giugno 2022 – Lunedì 13 giugno alle 17.00 al Teatro Niccolini (via Ricasoli, 3) il professor Marco Fagioli discuterà col giornalista Marco Hagge della cultura artistica a Firenze dagli anni Trenta del secolo scorso al secondo dopoguerra. L’incontro, parte del ciclo Lezioni di Storia, è a ingresso libero fino a esaurimento posti (info tel. 055 0946404 – 055 7378721).

Fagioli (Firenze, 1944) è autore di saggi e cataloghi sulla pittura cinese e giapponese, oltre che di importanti monografie su Munch, Schiele, Tolouse-Lautrec. Studioso del postimpressionismo, si è occupato anche del rapporto tra arte moderna, primitivismo ed esotismo. “La storia della cultura artistica fiorentina del ’900 è complessa”, spiega, “e finora si è indagato maggiormente sulla letteratura rispetto alle arti visive. La critica d’arte nel suo insieme ha approfondito il discorso sull’aspetto formale, trascurando invece il contesto sociale e il rapporto tra storia civile e forme di espressione”. La conferenza prenderà spunto da tre grandi “congiunzioni”, ossia la stagione delle riviste «Lacerba» e «La voce» nel primo dopoguerra, «Solaria» negli anni Trenta e infine «Il Frontespizio», per poi approfondire i movimenti che culminarono nel Fronte Nuovo delle Arti e nel Manifesto dell’Astrattismo Classico. Si approfondiranno le figure centrali di questa feriva stagione, da Soffici a Rosai nella pittura, a Andreotti a Marini nella scultura, e le loro diverse eredità. 


Gherardo Del Lungo (335 1373725)
Eventi Pagliai s.r.l.tel. +39 055 7378721
press@eventipagliai.com

Marta Questa su Leonardo Savioli

Leonardo Savioli ed il villaggio Sant’Umiltà a Firenze

Quartiere di Varlungo, villaggio di Sant’Umilà. Foto di Ivo Patu

Erano gli anni Sessanta del Novecento quando l’architetto Leonardo Savioli presentava al Comune di Firenze un progetto per la realizzazione di edifici di civile abitazione con relative autorimesse in località Varlungo, fra  via Aretina e due nuove strade ad essa perpendicolari , più tardi denominate via Antonio Salandra e via Filippo Turati, nel nuovo quartiere di Sant’Umiltà, progetto che sarà successivamente ampliato. Si trattava di un complesso residenziale che veniva costruito su terreni di proprietà del Monastero delle Suore benedettine vallombrosane dello Spirito Santo di Varlungo, il cui ordine risaliva a Rosanese Regusanti , una nobildonna nata a Faenza nel 1226 ed ancora oggi venerata con il nome di Sant’Umiltà, il cui corpo in quegli anni era conservato nel Monastero di Varlungo.

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Il racconto in un Arazzo…

Fondazione Pistoia Musei – Antico Palazzo dei Vescovi

Notti d’estate in verzura

Racconti di dame, cavalieri, armi e amori sullo sfondo dell’Arazzo millefiori

29 agosto ore 21.15

L’enigma della dama con l’unicorno: conflitto tra desiderio e castità

Prosegue il ciclo di appuntamenti serali che hanno come protagonista l’Arazzo Millefiori, capolavoro dell’arte tessile fiamminga custodito all’interno  dell’Antico Palazzo dei Vescovi di Pistoia.

Nella cultura europea gli arazzi millefiori sono stati espressione di un raffinato clima culturale che si esprimeva anche in altre forme di arte visiva e letteraria: dal romanzo cortese, alla novellistica del Trecento, alla poesia del Rinascimento, fino ai romanzi storici contemporanei.  Partendo dalla suggestiva trama di forme e colori che si dispiegano sul tessuto, gli incontri suggeriscono la lettura dell’arazzo ponendolo in parallelo con altri arazzi conservati nelle collezioni museali di tutto il mondo e ricreando, con brani letterari, l’atmosfera delle corti e dei palazzi nobiliari per i quali sono stati creati.

La serata del 29 agosto alle 21.15, propone l’incontro intitolato L’enigma della dama con l’unicorno: conflitto tra desiderio e castità. L’unicorno, selvaggio animale fantastico, rintracciabile nell’arazzo, è simbolo di castità e purezza della dama cortese. Come metafora di purezza l’unicorno è protagonista in tanti componimenti letterali e in molti dipinti rinascimentali dove, spesso, è raffigurato accanto a graziose fanciulle e in allegorie della castità ispirate ai Trionfi del Petrarca. Nella letteratura contemporanea è Tracy Chevalier che riprende questo tema con un romanzo, pubblicato nel 2003, dal titolo La dama e l’unicorno.

Info:

A tutti gli incontri seguiranno assaggi “a tema”

Ingresso: intero 5,00 euro / ridotto 3,00 euro. Prenotazione obbligatoria.

Prenotazioni:

anticopalazzodeivescovi@operalaboratori.com

tel. 057328782

Ufficio Stampa

Salvatore La Spina

Ufficio Stampa – Firenze Musei

Via Pellicceria, 10 – 50123 Firenze

T +39 0552981780 – M +39 3315354957

Lo Zodiaco di Antonio Cecchi

Mi avevano chiesto di scrivere una rubrica sui segni zodiacali, una sorta di paginetta on line d’oroscopi. Proposta improbabile, visto che io a queste cose mica ci credo… ma fu l’occasione per chiedere a Cecco (per noi Antonio era Cecco) una magia. Ci mise poco, mi portò un quadernetto tutto illustrato, con solo un segno da finire… dimmi se ti piace, così lo finisco… è rimasto un progetto nel cassetto, da dove, scorsi gli anni, è riemerso. E ora che Cecco è a dipingere sulle nuvole, forse riprenderà in mano l’Ariete e gli darà, come merita, la giusta fine. Era così, Antonio, sempre dietro a un sogno, che si faceva segni infiniti sulla carta, e si fermava, eterno, a raccontarci le sua infinita fantasia. Quella di un artista fuori dal tempo, fermo e allo stesso momento in continuo divenire. Come lo zodiaco, che il sole percorre, decidendo i nostri fragilissimi destini…

Paolo Pianigiani

Leonardo fra i libri

Leonardo e i suoi libri

La biblioteca del Genio Universale

Museo Galileo, Piazza dei Giudici 1, Firenze

6 giugno – 22 settembre 2019

Come lavorava Leonardo?

La risposta migliore ce la danno i suoi manoscritti. Leonardo non era un “omo sanza lettere”. Non gli bastava l’insegnamento diretto della maestra Natura: aveva anche bisogno del dialogo con gli autori, antichi e moderni. Nel tempo, era diventato un appassionato lettore, cacciatore e collezionista di libri. E i libri, per lui, non erano solo oggetti: erano affascinanti ‘macchine’ mentali, da costruire e smontare, con i loro ingranaggi (parole, pensieri, immagini). Alla fine della sua vita, arriverà a possedere quasi duecento volumi: un numero straordinario per un ingegnere-artista del ‘400.

La biblioteca di Leonardo è uno degli aspetti meno conosciuti del suo laboratorio, perché si tratta di una biblioteca ‘perduta’: un solo libro è stato finora identificato, il trattato di architettura e ingegneria di Francesco di Giorgio Martini conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, con postille autografe di Leonardo.

Per la prima volta, la mostra presso il Museo Galileo di Firenze tenterà la ricostruzione di questa biblioteca, in un percorso cronologico che racconta l’incontro di Leonardo con il mondo dei libri e della parola scritta: i documenti della famiglia Da Vinci, i primi grandi libri del giovane Leonardo (Dante, Ovidio), i grandi maestri (Alberti, Toscanelli, Pacioli). Saranno esposti manoscritti e incunaboli identificati con i testi utilizzati da Leonardo, affiancati da applicazioni multimediali che consentiranno di sfogliarli e confrontarli con i codici autografi. Verrà inoltre ricostruito lo studio di Leonardo con gli strumenti di scrittura e da disegno da lui utilizzati. L’intera biblioteca di Leonardo, grazie al lavoro di un’équipe internazionale di specialisti, sarà pubblicata online nella biblioteca digitale del Museo Galileo e costituirà una risorsa inestimabile per lo sviluppo degli studi vinciani.

La mostra, a cura di Carlo Vecce, è realizzata dal Museo Galileo in collaborazione con Commissione per l’Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo da Vinci, Accademia Nazionale dei Lincei e Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nel quadro del progetto di ricerca FISR “Scienza, storia, società in Italia.

Da Leonardo a Galileo alle ‘case’ dell’innovazione”, promosso e sostenuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.


Il codice di Leonardo agli Uffizi

 

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IN MOSTRA AGLI UFFIZI IL CODICE LEICESTER DI

LEONARDO DA VINCI

ANTEPRIMA TOP PER LE CELEBRAZIONI LEONARDIANE

 

Il celebre manoscritto ritorna a Firenze dopo un quarto di secolo,

accompagnato da molti altri disegni del genio di Vinci.

Firenze, Uffizi

30 ottobre 2018 – 20 gennaio 2019

Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci a Firenze come anteprima di assoluta grandezza delle celebrazioni leonardiane che si svolgeranno in tutto il mondo nel 2019 in occasione dei 500 anni dalla morte di una delle figure-icona della storia dell’umanità.

La mostra, L’acqua microscopio della natura. Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci, a cura di Paolo Galluzzi, è frutto di oltre due anni di preparazione, e presenta eccezionali apparati tecnologici per poter consultare il codice così come numerosi altri preziosi fogli vinciani, e non solo.

Un progetto delle Gallerie degli Uffizi e del Museo Galileo realizzato col determinante contributo di Fondazione CR Firenze.

La mostra si avvale inoltre del patrocinio e del contributo del Comitato Nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci.

 Il tema centrale dell’esposizione è l’acqua, elemento che affascina Leonardo. L’artista svolge indagini straordinariamente penetranti per comprenderne la natura, sfruttarne l’energia e controllarne i potenziali effetti rovinosi. Il Codice Leicester contiene riflessioni innovative anche su altri temi: soprattutto sulla costituzione materiale della Luna e sulla natura della sua luminosità, e sulla storia del pianeta Terra, nelle sue continue e radicali trasformazioni.

Il Codice Leicester è un’opera fitta di annotazioni geniali e di disegni che Leonardo vergò in gran parte tra il 1504 e il 1508: una stagione davvero magica della storia di Firenze, con la presenza contemporanea in città di grandissimi personaggi delle lettere, delle arti e delle scienze, che Benvenuto Cellini la battezzò, genialmente, “La Scuola del Mondo”. Per Leonardo, furono anni di intensa attività artistica e scientifica. In quel periodo effettuava infatti studi di anatomia nell’Ospedale di Santa Maria Nuova, cercava di mettere l’uomo in condizione di volare, era impegnato nell’impresa, poi non condotta a termine, della pittura murale raffigurante la Battaglia di Anghiari a Palazzo Vecchio, e studiava soluzioni avveniristiche per rendere l’Arno navigabile da Firenze al mare.

Per il Codice Leicester si tratta del secondo ‘viaggio’ a Firenze, in quanto fu esposto nel 1982 (quando era ancora denominato Codice Hammer) nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, ottenendo uno straordinario successo di pubblico (oltre 400.000 visitatori in poco più di tre mesi).

I 72 fogli del Codice saranno esposti nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi. Grazie a un innovativo sussidio multimediale, il Codescope, il visitatore potrà sfogliare i singoli fogli su schermi digitali, accedere alla trascrizione dei testi e a molteplici informazioni sui temi trattati. Avrà inoltre a disposizione un vasto corredo di filmati digitali realizzati dal Museo Galileo, i quali, oltre che in mostra, saranno consultabili sui siti web degli Uffizi e del Museo Galileo.

Oltre al Codice Leicester, l’esposizione offre alcuni spettacolari disegni originali di Leonardo e fogli da codici di straordinaria importanza, realizzati in quegli stessi anni: il Del moto et misura dell’acqua dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, (la silloge seicentesca di disegni sulla natura e sui moti dell’acqua tratti dai manoscritti vinciani) che integra le note e gli schizzi vergati sugli stessi temi nel Codice Leicester; il celeberrimo “Codice sul volo degli uccelli”, eccezionalmente concesso in prestito dalla Biblioteca Reale di Torino, compilato negli stessi mesi nei quali Leonardo realizzava il Codice Leicester; quattro spettacolari fogli del Codice Atlantico, prestati dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano, che illustrano gli studi vinciani sulla Luna, molto attinenti ai temi trattati nel Codice Leicester, e dove è illustrata l’invenzione della gru con cui Leonardo intendeva velocizzare le operazioni di scavo del canale navigabile che doveva collegare Firenze al mare. Infine, due preziosi bifogli del Codice Arundel della British Library, con rilievi del corso dell’Arno nel tratto fiorentino, dove sono indicate puntualmente posizione e misure dei ponti allora esistenti e sottolineate le analogie tra moti dell’acqua e moti dei venti, sulle quali Leonardo insiste nel Codice Leicester.

A questa eccezionale esposizione di fogli originali di Leonardo, si aggiunge la presenza in mostra di numerosi manoscritti di grande bellezza e importanza e di rarissimi incunaboli che contengono testi utilizzati da Leonardo per la compilazione del Codice Leicester. Tra questi merita sottolineare almeno lo splendido codice della Biblioteca Medicea Laurenziana contenente il Trattato di architettura di Francesco di Giorgio Martini, sulle cui carte Leonardo vergò dodici annotazioni che vedono al centro, ancora una volta, i moti dell’elemento acqua.

Complessivamente saranno quindi esposti in mostra oltre 80 fogli e il Codice sul volo degli uccelli di mano di Leonardo, oltre a 10 preziosi volumi tra manoscritti e incunaboli.

“L’esposizione del Codice Leicester di Leonardo, insieme ad altri preziosissimi disegni e scritti del genio di Vinci – afferma Eike Schmidt, Direttore degli Uffizi – dimostra il nostro impegno nel rendere accessibili tematiche molto complesse della ricerca scientifica, e nel contestualizzare episodi fondamentali di storia della scienza in una prospettiva del tutto contemporanea”.

“Il Codice Leicester – dichiara il Direttore del Museo Galileo Paolo Galluzzi – frutto dell’ormai acquisita maturità come artista raffinatissimo, penetrante osservatore della natura, ingegnere capace di concepire progetti di straordinario ardimento e interprete originale dei fenomeni più significativi del macrocosmo e del microcosmo, offre una visione intrigante della vastità inaudita degli orizzonti esplorati dalla mente di Leonardo. Una mente protesa a raccogliere le sfide più complesse e a mettere in discussione le conclusioni stabilite dagli autori più accreditati della tradizione. Compilato nella fase più creativa della propria esistenza, nel cuore di una Firenze allora vera e propria ‘Scuola del mondo’, il prezioso manoscritto documenta l’ossessione conoscitiva di Leonardo per l’elemento acqua, per i suoi movimenti vorticosi, per la forza plasmatrice e la potenza distruttrice che la caratterizzano. Con continui rimandi a Firenze, al suo impianto urbano e al suo fiume, risorsa e al tempo stesso minaccia per le comunità che ne popolano le rive. La mostra invita a compiere un viaggio in un tempo di visioni ardimentose, di progetti avveniristici, di manifestazioni del pensiero di inarrivabile genialità”.

“Sosteniamo con entusiasmo – osserva il Presidente della Fondazione CR Firenze Umberto Tombari – questa grande mostra che, di fatto, apre con ampio anticipo le celebrazioni dedicate a Leonardo. Fin dalla nostra nascita, 25 anni fa, abbiamo sempre destinato all’arte e alla cultura una parte significativa delle nostre erogazioni ed è importante collaborare con due istituzioni prestigiosissime in una esposizione di questo livello che unisce al rigore scientifico un ricco apparato multimediale. Questo aspetto è oggi, ancora più che in passato, determinante per favorire la comprensione dell’arte anche ai non addetti ai lavori ed in particolare di un’opera come questa che non è immediatamente comprensibile in tutti i suoi molteplici livelli di lettura. La nostra Fondazione si sta impegnando molto nel campo della formazione e dell’educazione dei giovani e la presentazione del Codice Leicester si colloca perfettamente in questo percorso. L’esposizione segna anche una nuova tappa della nostra lunga e fruttuosa collaborazione con il più importante museo italiano e col Museo Galileo la cui équipe, coordinata dal Prof. Galluzzi, ha realizzato una innovativa edizione digitale della grande mappa del cartografo tedesco Martin Waldseemüller, il più antico documento (1507) nel quale compare il nome America in omaggio ad Amerigo Vespucci. Un grande progetto che abbiamo presentato lo scorso anno, con grande successo, alla Library of Congress di Washington D.C.”.

 

Esposizione dal 30 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019

Catalogo in italiano e in inglese, pubblicato da Giunti Editore.

 

Contatti per la stampa:

Opera Laboratori Fiorentini – Civita

Andrea Acampa – Tel. 055 290383 – Cell. 348 175 5654 – a.acampa@operalaboratori.com

Gianni Caverni – Tel. 055 290383 – Cell. 347 7818134 – g.caverni@operalaboratori.com

Fondazione CR Firenze

Riccardo Galli – Responsabile Relazioni e Comunicazione Istituzionale – Ufficio Stampa

Via Bufalini, 6 – 50122 Firenze

Tel. + 39 055 5384.503 – Cell. + 39 335 1597460

Fax + 39 055 5384.756

riccardo.galli@fondazionecrfirenze.it

LA GERUSALEMME DI SAN VIVALDO

 

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LA GERUSALEMME DI SAN VIVALDO

 A cinquecento anni dalla lettera d’indulgenza di Papa Leone X

a cura di Francesco Salvestrini e Pierantonio Piatti

 EDIZIONI POLISTAMPA FIRENZE

Sabato 22 Settembre 2018, ore 10.30, Palazzo Comunale di Montaione

 

 

Sabato 22 settembre avrà luogo a Montaione la presentazione del volume sopra riportato. La pubblicazione è stata realizzata nell’ambito delle celebrazioni per i 500 anni della “Gerusalemme” di San Vivaldo avvenute nel 2017. Continua a leggere

Voci Fiorentine alla galleria dell’Accademia

Voci Fiorentine - invito 18 settembre 2018 - Carlo Sisi - 1

 Incontri ravvicinati con l’arte: Carlo Sisi presenta

il “Monumento funebre a Virginia de Blasis”


di Luigi Pampaloni

 

 Galleria dell’Accademia di Firenze,

martedì 18 settembre 2018 ore 19.30

 

Nel corso delle aperture serali estive, previste il martedì dalle 19.00 alle 22.00, fino al 25 settembre 2018, il Direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, Cecilie Hollberg, ha il piacere di offrire un ciclo di undici incontri, tenuti da importanti personalità dell’arte e della cultura fiorentina, ciascuno dedicato ad approfondire un’opera delle collezioni del Museo.

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Un nuovo allestimento per la sala del Vaso François al Museo Archeologico di Firenze

 

 

 

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Firenze, Museo Archeologico Nazionale
Nuove sale del Vaso François, del Sarcofago delle Amazzoni
e dei Bronzetti Greco-Romani

Venerdì 6 aprile 2018 – ore 15,00

Piazza SS. Annunziata, 9/B

Venerdì 6 aprile, alle ore 15.00, il Direttore del Polo Museale della Toscana, Stefano
Casciu, il Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Mario Iozzo, la Curatrice della Sezione Etrusca del Museo, G. Carlotta Cianferoni, e il Presidente della Fondazione non profit Friends of Florence, Simonetta Brandolini d’Adda, inaugurano le nuove sale dedicate al Vaso François, al Sarcofago delle Amazzoni e ai Bronzetti greco-romani, grazie alla generosa donazione di Laura e Jack Winchester, liberalmente offerta al Museo Archeologico attraverso la Fondazione non profit Friends of Florence. L’allestimento è stato curato dall’architetto Chiara Fornari e realizzato dalla ditta Machina s.r.l.

Il celebre Vaso François, capolavoro dell’arte vascolare greca, viene collocato in una nuova sala, in una nuova vetrina, in un allestimento con fregi retroilluminati, con apparato didattico bilingue (in italiano e in inglese) e con due postazioni informatiche nelle quali i visitatori potranno agevolmente scorrere le immagini, approfondire i miti, le saghe e le storie degli antichi dei ed eroi della Grecia classica e della Guerra di Troia, scoprendo così quale fu il fascino che il Rex Vasorum (il Re dei Vasi) esercitò sugli aristocratici etruschi della potente città di Chiusi, che tra il 565 e il 550 a.C. lo acquistarono e lo posero in una grande tomba a sette camere.

Per la prima volta, inoltre, sono esposti accanto al grande cratere di Ergotimos e Kleitias due vasi figurati (della bottega del pittore Lydos) che solo recenti ricerche d’archivio hanno individuato come possibili elementi del corredo funerario di cui il Vaso François faceva parte. Uno di essi raffigura il Giudizio di Paride sulla bellezza delle tre dee Era, Atena e Afrodite, mito all’origine della Guerra di Troia che va a completare il ciclo mitologico della saga, integrandolo così con la parte iniziale della storia.

Per l’occasione, il Direttore del Museo, Mario Iozzo, presenta la guida del Vaso François, da lui curata, dettagliata e ampiamente illustrata (pubblicata dalla casa editrice Polistampa), destinata al pubblico anche non specialistico, disponibile sia in italiano che in inglese grazie alla traduzione di Andrew J. Clark.

Il rinnovamento dell’apparato espositivo riguarda anche il Sarcofago delle Amazzoni,
esempio unico al mondo di sepolcro di marmo dipinto (350 a.C.), destinato a una
aristocratica dama di Tarquinia, nonna di un alto magistrato che l’ha onorata
commissionando la splendida sepoltura. Ora protetto da un moderno dispositivo ad allarme sonoro, è stato anch’esso dotato di un nuovo apparato didascalico e didattico in doppia lingua, chiaro e comprensibile a tutti, che illustra le scene figurate e traduce le iscrizioni incise sulla sua superficie, spiegando anche il motivo per cui sono doppie.

Anche in questo caso, due postazioni informatiche offrono ai visitatori la possibilità di scorrere le immagini e di avere approfondimenti (sia in italiano che in inglese) sulle raffigurazioni, la scoperta, lo stile, le pitture e i loro colori, le scene e i miti raffigurati.
Un importante settore che si aggiunge ai capolavori già esposti nella Sezione delle
Collezioni, negli splendidi ambienti realizzati all’epoca di Pietro Leopoldo di Toscana, è
costituito dalle nuove sale allestite da G. Carlotta Cianferoni e dedicate ai Bronzetti grecoromani.

Tre ambienti e undici vetrine che accolgono 180 pregiatissime statuette di bronzo,
sia originali greci che copie di età romana, un tempo parti della grande collezione mediceolorenese e in parte restaurate e integrate da artigiani e artisti della loro corte (tra i quali Benvenuto Cellini). Ad esse si accompagnano ritratti di tragediografi, poeti e filosofi greci e parti di grandi statue in bronzo, nonché, a completamento dell’esposizione, statue in marmo e oreficerie che permettono un confronto tra quanto raffigurato su alcune opere in bronzo e gli oggetti reali.

Il generoso finanziamento di Laura and Jack Winchester, con la gestione della Fondazione Friends of Florence, ha inoltre consentito la completa revisione dell’illuminazione del secondo piano del Museo, che ha comportato l’installazione di ben 92 tende a tutte le finestre, permettendo una migliore schermatura della luce naturale a protezione delle opere d’arte antica. Allo stesso tempo, si è intervenuti sull’impianto di illuminazione interno di tutte le vetrine del piano, ben 57, con la sostituzione integrale delle obsolete luci al neon con i moderni led, più indicati per la conservazione delle opere e molto più duraturi.

In occasione dell’inaugurazione della nuova Sala del cratere di Ergotimos e Kleitias,
Alessandro François, discendente omonimo dell’archeologo e titolare dell’azienda
vitivinicola “Castello di Querceto”, di Greve in Chianti, offrirà ai presenti una degustazione del vino denominato Il sole di Alessandro, prodotto dalla fine del XX secolo e così intitolato in onore dell’illustre antenato, un Cabernet Sauvignon dichiarato IGT dei Colli della Toscana Centrale.


MAF – Museo Archeologico Nazionale
Piazza Santissima Annunziata n. 9b – 50122 Firenze – Tel. 055 23575

pm-tos.musarchnaz-fi@beniculturali.it
http://www.polomusealetoscana.beniculturali.it
http://www.museoarcheologiconazionaledifirenze.wordpress.com

Friends of Florence
Elisa Bonini +39 3336729563 elisaboniniitaly@friendsofflorence.org
http://www.friendsofflorence.org