Yves, di Grazia Bonomo

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POETICHE OCCIDENTALI E FILOSOFIA ORIENTALE:

YVES KLEIN

 di Grazia Bonomo

Prima uscita su www.transfinito.eu

Il cielo e la terra sono fusi nell’analogia dell’arte che avvia la sensazione a comporsi nella sfera dell’intelligibile e tende a quell’ultima perfezione in cui il contemplante scorge tutte le cose rispecchiate in se stesso.

Ananda K. Coomaraswamy

 

Premessa

In più occasioni Coomaraswamy, il grande studioso di arte orientale, si è espresso in termini di condanna nei confronti della prassi artistica occidentale, colpevole di tradire quella funzione analogica capace di fondere il cielo e la terra. Tale tradimento secondo Coomaraswamy non è recente e risale sino alla cultura rinascimentale, mentre nell’arte orientale – quella autentica non ‘contaminata’ dall’Occidente – ancora oggi troverebbe espressione l’originaria esperienza artistica umana, ovvero quella che egli definisce la lingua universalmente intelligibile delle idee basilari. In altre parole il tradimento occidentale è stato quello di un affrancamento nei confronti di un’arte intesa come canone religioso tradizionale e il conseguente progresso dell’espressione individuale e arbitraria dell’artista: dove è nato l’Artista con la A maiuscola è morta l’Arte con la A maiuscola. Il giudizio di Coomaraswamy nei confronti dell’arte occidentale è stato senza dubbio ingiusto, ma al di là di un integralismo chiaramente provocatorio non manca di fondamento. Peraltro  egli auspicava un nuovo raprochment tra Occidente e Oriente: un ritorno per l’Occidente a dei valori originari mediato dal confronto con la cultura orientale che ne è tuttora in parte portatrice: “Non che l’Asia possa servire da modello all’Europa: gli stili ibridi non sono che caricature delle forme autentiche, mentre un’assimilazione genuina di nuove idee dovrebbe e può sfociare in uno sviluppo attraverso forme completamente diverse da quelle originali.”[1]

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