Il Concerto di Santagostino

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12 Dicembre 2015, Chiesa conventuale di Santo Stefano degli Agostiniani. Il Coro Santa Cecilia di Firenze, diretto dal Maestro Alessandro Benassai, ha riempito anche quest’anno la chiesa che fu degli Agostiniani.

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Servizio fotografico di Marcantonio Perugino


 

Anche noi abbiamo un Caravaggio!

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Santagostino a Empoli

Già pubblicato su Emporium n. 6, anno 2011

Paolo Pianigiani

Anche se nessuno lo sa, sta appeso da anni sull’altare della cappella Zeffi in Sant’Agostino. Lo portò a Empoli Monsignor Giovanni Marchetti, vescovo di Ancira (che poi era Ankara, con tutta una complicata spiegazione dove non mi avventuro a rischio di perdermi e annoiarvi), insieme alle innumerevoli casse di libri (24 quintali in tutto). E insieme ad altre opere d’arte che aveva acquistato, o ricevuto in dono, durante il suo soggiorno romano. Nato nell’allora via della Fogna (oggi, appunto “Via Marchetti”), questo pretino di umili origini si era recato nella Capitale, seguendo un Alto Prelato che lo introdusse nei salotti buoni del potere ecclesiastico. Divenne un esponente di spicco dell’ala reazionaria cattolica, e si oppose, o cercò di opporsi, alle nuove ventate gianseniste portate in Italia dalle baionette di Napoleone. A fine carriera, anche per sfuggire alle persecuzioni politiche, si ritirò da noi, a Corniola, presso il convento dei Frati Carmelitani. Pensando di far cosa gradita ai suoi concittadini, propose di dare in uso pubblico la sua imponente biblioteca, ricca anche di volumi antichi, ma per la maggior parte formata da testi  di contenuto religioso, scritti e pubblicati a proprie spese dallo stesso Marchetti. Cominciò una vicenda piuttosto complicata, che diventò di impossibile soluzione sia per il caratterino di Monsignore, che per la mancanza di un vero interesse per i libroni a sfondo religioso, da parte dell’Ente che doveva poi gestire la nascente Biblioteca. Per testamento, steso il 23 Novembre del 1829, Monsignore lasciò al Capitolo di S. Andrea (la chiesa locale) il suo patrimonio librario, con il patto che rendesse di utilizzo pubblico la sua Biblioteca (aveva questa fissa), e che nella sala principale della stessa, quella dedicata alla lettura, venisse piazzato il “suo Michel Angiolo da Caravaggio”, che lui riteneva assolutamente autentico e che si era con ogni probabilità procurato a Roma. Ecco il dettaglio: Continua a leggere

Odoardo Hillyer Giglioli a proposito degli affreschi di Gherardo Starnina a Empoli

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Rivista d’Arte, 1905

Su alcuni affreschi perduti dello Starnina. – Una grande oscurità avvolge ancora la vita e le opere di questo artista che il Vasari dice maestro di Masolino; l’unica notizia sicura è stata fino adesso la sua iscrizione nella Compagnia di S. Luca nel 1387 col nome di Gherardo di jacopo dipintore, giacché dubbiose sono le date della nascita e della morte 1354 e 1408. Manca una base certa di confronto per stabilire se realmente siano sue le storie di S. Antonio abate e di S. Niccolò vescovo nella cappella Castellani in S. Croce a Firenze attribuitegli dal Vasari e conquistategli dalla moderna critica.starnina1

Irreparabilmente perdute sono le pitture della cappella di S. Girolamo al Carmine, così pure il S, Dionigi e la città di Pisa frescate sulla facciata del palazzo di parte Guelfa, che, ricordate dallo scrittore aretino, furono viste ai tempi del Baldinucci e del Richa. Poco o nulla di positivo sappiamo sui lavori da lui eseguiti in Spagna, e il Cavalcaselle1 gli nega una Adorazione dei Magi esistente in un camerino dell’Escuriale.

Sono lieto di presentare un documento che, pur riferendosi ad affreschi scomparsi, prova come non solo lo Starnina ricevesse l’allogazione per una cappella nella chiesa di S. Stefano d’Empoli, ma l’avesse già cominciata a dipingere il 6 di febbraio 1408. Chi commise il lavoro fu la compagnia della Nunziata della veste nera fondata nel 1354 e soppressa nel 1785: la loro cappella ora sede della Misericordia detta anche di fuora, perché sporgente dal corpo della chiesa, fu restaurata, ingrandita nel 1501 e danneggiata da un incendio l’8 aprile 1642.  Prima dunque di questa data si presentava nella sua integrità l’opera dello Starnina, che Bernardo Rossellino vide come decorazione del suo gruppo marmoreo della Annunciazione, scolpito nel 1447. Ora apparentemente non esiste più nulla, però siccome le notizie che abbiamo non accennano ad una distruzione completa, mi pare si possa ancora sperare che qualche frammento dell’antica pittura sia restato sotto l’intonaco: e credo che l’ufficio regionale farà opera veramente meritoria iniziando una serie di assaggi a questo scopo.